JOYELLO “It esai’s” (Dischi Strambelly, 2007)
PELUQUERIA HERNANDEZ ȁS/t” (Dischi Strambelly, 2007)
Accomuniamo queste due uscite, poste quasi agli antipodi in senso concettuale e per risultati musicali, in quanto prodotte dalla medesima etichetta discografica e facenti perno su un personaggio arci noto della scena musicale underground veronese: Joyello Triolo, già alla guida di progetti come “Le madri della psicanalisi” ed “Eva Braun”, è infatti il catalizzatore dei due dischi in oggetto (vedi recensione di “Joyello Cheesy Orchestra” su queste stesse colonne).
Colpisce, a primo colpo, l’apparente distanza dei due progetti musicali, per quanto siamo ormai consci di poterci aspettare di tutto da un tipo come Joyello!
L’album “It esai’s” contiene (per citare le liner notes) “musica senza composizione”, scomposta e rarefatta, in cui ogni passaggio melodico ed armonico è ricavato da samples (le fonti citano di tutto, da Antony and the Johnsons a Ligeti!) o da frammenti musicali elaborati attraverso tastiere analogiche, pads, drum machine e laptop.
Il risultato è una musica minimale, liquida, notturna e dark-ambient, molto vicina al lavoro di David Lynch ed Angelo Badalamenti in “Twin Peaks” (senza il jazz, però) o a quello del solo Lynch per il suo esordio-capolavoro “Eraserhead”.Che siano i drones dilatati sui binari di un treno per l’Inferno (“Il treno delle sedici e zerocinque”) o un Grand piano trasfigurato ed oscuro (“Tre diodi, cinquanta triodi”), o ancora il minimalismo pianistico (sample di Budd o Eno?) di “Endoscopia digestiva” (titolo degno del Patton di “Pranzo oltranzista”!) e le atmosfere liquide e galleggianti della suite “Sott’acqua”, con echi di bands inglesi come Scorn, Bark Psychosis e Portcupine tree, il risultato è una tensione ieratica per l’intera durata dell’album (più di settanta minuti per sette composizioni!).
L’unica cover presente nel disco è un rifacimento dello standard jazz “It’s easy to remember” di Rodgers and Hart, interpretata dalla superba Billie Holiday, resa qui trasfigurata da una manipolazione digitale sulla voce (altrettanto intensa) di Antonella Vigliani, fino a ricostruire l’intero arrangiamento su frammenti vocali adagiati su una indolente e scura battuta trip hop di batteria elettronica.
Un disco sperimentale e buio, digitale e freddo, da ascoltare in camera senza luci accese.
Quasi agli antipodi dicevamo - la musica composta e suonata dall’ensemble Peluqueria Hernandez.
Oltre allo stesso Joyello (che qui si occupa di chitarra, theremin e presta la voce su due brani) ritroviamo vari nomi noti della scena underground veronese, sospesa tra rock, sperimentazione e jazz futuristico: dal leader e chitarrista Mauro Marchesi (già nelle Madri e in JCO, nonché illustratore e fumettista di nome) al bassista Thomas Simoncini, da Gigi Sabelli (batterista jazz, improvvisatore e giornalista) a Luca Pighi (percussionista dal mood chicano) e Roberto Lanciai (sassofonista proveniente addirittura dall’ambito klezmer e del jazz d’avanguardia).
Con una line up di questo rango cosa ci si può attendere dalla musica del “barbiere Hernandez”?
Ve lo dico subito: una riverberata ed intensa miscela di musica rock del deserto, chitarre surf e atmosfere mariachi. Se i vostri occhi corressero alle immagini di “Dal tramonto all’alba” durante l’ascolto non ci sarebbe da stupirsi!
L’opener “Il ritorno del peluquero dagli occhi di ghiaccio” ci piazza immediatamente al centro dell’immaginario descritto in un vero e proprio duello di sax e chitarra twangin’ (memore del lavoro di Zorn e Ribot su “The gift”), così come la successiva “X o dos”, borderline music tra l’Arizona ed il Messico.
Gli strumenti cantano e le note penetrano nel sangue, ubriacandoti…..“Un toupet nel deserto” (tutti i titoli giocano scherzosamente con i titoli di alcuni film famosi o di serie B, giusto per non rinunciare all’ironia che caratterizzava i precedenti progetti dei musicisti coinvolti) mantiene ancora l’andatura lenta e rilassata del mariachi, solo un po’ movimentata da un battito di mani…ma è il mariachi del fim di Rodriguez questo…pronto ad impugnare il mitra dopo la chitarra!
“Ruperto si sveglia a mezzanotte” è il primo brano cantato dell’album tra i “miagolii” del sax e i feedback chitarristici à la Ry Cooder (e la voce e la metrica di Joyello che mi ricordano alcune pagine dei mai troppo compianti Ella Guru di Rimini).
Il viaggio continua con “Mariachi nello spazio” e il suo theremin assassino, mentre “Non esiste l’amor” non può non riportare alla mente Capossela, ma anche gli urlatori italiani!
“Sierra glabra” si regge su un campionamento di “Llorando” di Roy Orbison nell’interpretazione di Rebecka Del Rio, mentre l’omonima “Peluqueria Hernandez” chiude il disco con il numero più puramente surf del disco, con quel riff à la Ventures.In definitiva un gran bel disco, dal mood romantico e malinconico, come in una festa nella quale non devi per forza divertirti, ma continui a bere fino allo sfinimento.
Se Tarantino stesse cercando musiche per la sua nuova soundtrack…..consigliateli!JD Tiki
(http://www.alternatizine.com)